Bologna

martedì 2 luglio ore 19.00 | DAMSLab / Auditorium

Via Castellana Bandiera

un film di Emma Dante

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regia Emma Dante

sceneggiatura Giorgio Vasta, Licia Eminenti, Emma Dante

attori Emma Dante, Alba Rohrwacher, Elena Cotta, Dario CasaloroCarmine Maringola, Elisa Parrinello, Giuseppe TantilloSandro Maria Campagna, Renato Malfatti

fotografia Gherardo Gossi

montaggio Benni Atria

produzione Vivo Film, OffSide, Ventura Film, Wildside Media; in collaborazione con Rai Cinema, RSI Televisione Svizzera, SRG SSR idée suisse, Cofinova 9, Cinecittà Luce

distribuzione Cinecittà Luce

paese Svizzera, Italia
in concorso alla 70ª Mostra del cinema di Venezia
Vincitore Coppa Volpi Elena Cotta per la miglior interpretazione femminile.

All’inizio di tutto c’è il buio e un cuore che batte. Una profondità dove comincia la vita che si fa piccola scia di luce e poi corpo che nuota verso l’alto. Samira è la forza che spinge, il motore di tutto. È il macigno secolare in fondo al mare che si oppone alle correnti, il geroglifico scalfito nella roccia che segna la mappa. La sua tana è l’auto dove si è intrappolata. Per sempre.

Il film comincia nell’acqua e finisce nell’acqua come una nascita e una morte. Tutto accade dal mattino all’alba del giorno dopo dove, come la voce di un coro greco, i fratelli Mancuso pregano lo scandire del giorno.

Via Castellana Bandiera è una strada, un tempo, un dolore. E’ una malattia, per certi versi. E come in ogni tragedia il destino dei protagonisti è scritto nelle loro vite fin dall’inizio.

In un pomeriggio afoso di luglio due donne sbarcano a Palermo. Non è chiaro da subito il loro rapporto e la differenza del loro sguardo sulla città. Clara è curiosa, allegra, accogliente, mentre Rosa soffre di una inadeguatezza che la fa stare sempre distante dagli altri. Rosa è una palermitana trapiantata a Roma che torna nella sua città natale dopo tanti anni, trascinata da Clara, sua compagna. Odia Palermo da cui è stata espulsa per la sua diversità ma man mano che la penetra, in un crocevia di ansie e domande, Rosa si infila inconsapevolmente in un itinerario conosciuto che la porta in via Castellana Bandiera, una delle strade della sua infanzia. A noi sembra che Rosa si perda ma in realtà si ritrova e forse alla fine smette di odiare. Entra in una strada-arteria che si occlude causando l’infarto a un intero quartiere.

Ciò che più mi attrae è il difetto della vena, il suo ispessimento congenito. Trovo più congeniale il buio di questo vicolo che l’illuminazione di una città solare come Palermo. Basta Clara a nutrirci della luce del sole con occhi che roteano senza perdere mai forza e chiarezza. Toccherà a lei scoprire la presenza di cose magiche: gli altarini agli angoli delle strade, i lunghissimi autoarticolati carichi di barche che sembrano galleggiare tra i palazzi, la pioggia di fiori bianchi, i cani mitologici intrappolati tra le stanze di un fatiscente palazzo nobiliare, l’arringa di un popolo che parla un gergo segreto, accompagnato da ammiccamenti, da gesti con le mani, la testa, gli occhi, le spalle, la pancia, i piedi. Un popolo capace di fare un intero discorso senza mai aprire bocca.

L’urgenza di Rosa non è quella del raccontare, ma del rivivere. Entra nel budello e si blocca davanti a Samira come davanti a sua madre. La luce del sole pian piano viene assorbita da una luce artificiale mentre le facciate dei palazzi si allontanano progressivamente. Durante il film la via si apre impercettibilmente fino a scoprire uno spazio vuoto con due auto al centro, una di fronte all’altra. Il blocco di Rosa diventa mentale e l’ostruzione del quartiere solo una questione di principio. Chiunque potrebbe passare, superare la barriera ed essere libero ma nessuno di fatto lo fa. I legami diventano indissolubili, i patti infrangibili. Da un lato c’è l’entrata nella nassa dove vivono un partito, una società, una famiglia, dall’altro c’è Rosa, il suo amore in bilico e il burrone in fondo alla via.

Si finisce in questo recinto per nascita, per paura, o per amore. Chi entra contrae un vincolo eterno. Non ci si può sottrarre, non si torna indietro. E’ un’appartenenza selvaggia, di mandria. Chi esce dalla mandria muore.

Per questo motivo immagino due Palermo: una pubblica, reale, fatta di mare luce pietra dove l’ostinazione e l’arroganza della gente chiude le frontiere e prende possesso del territorio; Palermo, la Sicilia per parlare dell’Italia, della sua storia intima e vigliacca che coinvolge tutti, rendendo tutti responsabili. L’altra Palermo è privata, ricostruita con ponteggi che reggono le facciate e i muri della strada, luogo dei sogni e della memoria dove tutto può accadere. La differenza tra le due Palermo sarà impercettibile, delicata. La luce del sole cambierà qualità con l’imbrunire e si confonderà naturalmente con quella artificiale. I ponteggi delle facciate non si sveleranno mai ma serviranno soltanto per allargare la strada e il nostro orizzonte.

Cardine di questo meccanismo è Samira. Muta. Al di sopra di tutto, oltre i linguaggi e il dolore. Samira sta. Come un monolite. Già suicidata della società come direbbe Antonin Artaud. Lei è il punto di vista principale da cui racconterò la storia. Non perderò di vista nemmeno un suo gesto, sarò aggrappata alla stoffa del suo vestito, alla sua macchina-prigione, intravedendo scatti di morte e lampi di nero nel cielo di via Castellana Bandiera.

Il suo sguardo diretto mi aiuterà a comprendere le relazioni tra i personaggi e la loro visione del mondo. Il ponte tra me e Samira, e quindi tra lo spettatore e Samira, sarà Nicolò. La purezza da lui incarnata, la sospensione del giudizio con cui può accedere a qualsiasi novità troveranno la chiave per aprire gli sportelli di entrambe le auto. Nicolò è l’innovatore della storia, l’unico veramente capace di riscriverla disubbidendo ai comandi del padre, Saro Calafiore. Nicolò sa tutte le lingue, quindi è il tramite.

Parto dalle persone perché voglio che ogni parola, gesto e visione da loro venga generata. con pochi spostamenti di camera cercherò di inquadrare le crepe dei muri e gli squarci di cielo che sbucano dai loro profili. Cercherò una distanza ravvicinata che non invada l’intimità delle persone ma nello stesso tempo cercherò di violare la logica per scongiurare il falso che c’è spesso nelle trame delle storie. La vita non ha trama e via Castellana Bandiera è un pezzo di vita. Senza un finale vero e proprio. Con una ricerca. Aperta.

Emma Dante