FESTIVAL SANTARCANGELO DEI TEATRI, 24, 25, 26 GIUGNO 2005

venerdì 24 Giugno , ore 23:15 | Il Lavatoio

Qualcosa da Sala

assolo danzato

Francesca Proia | Ravenna

di e con Francesca Proia

Francesca Proia
via Cividale 7
48100 Ravenna
tel. 0544 404693
francescaproia@inwind.it

Segnalazione speciale Premio Scenario 2005

Motivazione della Giuria
Il grande rigore formale e la raffinatezza della scrittura coreografica recuperano in modo sorprendente e personale modi e forme della più alta tradizione espressionista, riuscendo a sviluppare una partitura gestuale scabra e sensuale, velata di mistero, di grande suggestione e attualità. Emerge in questa direzione di lavoro un’artista matura, consapevole delle inquietudini e delle riflessioni che attraversano la scena contemporanea.

Qualcosa da Sala
Assolo danzato, senza volto, in cui la danza si origina da un rapporto intimo ed esclusivo con le vibrazioni della musica per trautonium del compositore Oskar Sala (1910-2002).
Alcune musiche non sembrano concepite per un pubblico di persone, ma per creare concentrazione attorno ad un luogo vuoto. Così è per la musica di Oskar Sala, che comunica un senso di solitudine, di inabitato, esattamente come può comunicarlo un corpo assorto in meditazione, che si riesce a percepire come oggetto, eppure capace di generare visioni attraverso uno stato di immobilità perfetta.
Mi è sembrato possibile coniugare perciò questo tipo di musica, una sorta di vibrazione per un altro mondo, ad uno stato del corpo che si avvicina a quello del residuo, del guscio vuoto.
Il lavoro sul corpo parte infatti da uno studio sulle posture yoga, che nascondono in sé il desiderio di non esistere, di solidificare il corpo in un nodo senza sentimenti e necessità (le posizioni yoga insegnano, ad esempio, a non soffrire le coppie di opposti: caldo-freddo, fame-sete, sonno-veglia e così via). Ogni postura yoga nega il corpo attraverso la sua dettagliata messa a fuoco. La danza si genera così similmente alla ricostruzione di un codice preciso, dettato nel tempo, la cui natura si definisce per sottrazione, e che si accosta allo yoga nella volontà di concentrazione su determinati punti del corpo, nel mantenimento della minima tensione interiore possibile, nel desiderio di diffondere nello spazio il silenzio perfetto interno al corpo.
Il corpo è profondamente legato allo spazio: entrambi condividono il fatto di non essere altro che qualcosa in rovina, di inabitato, di apparentemente privo di tensione. Più precisamente, il vero protagonista è lo spazio, vuoto, che cerco di disegnare come l’interno di una mente assorta in meditazione. Infatti il vuoto è la condizione essenziale, e da questo vuoto si formano e si seccano delle figure, che sono come involucri, come pietre, e rappresentano l’aspetto più visionario e colorato dello yoga in quanto viaggio immobile. Ciascuna figura si può infatti percepire come un vero supporto ottico per la meditazione: qualcosa che è sempre possibile guardare a lungo, attraverso uno sguardo che assorbe e unifica. Il corpo non ha volto, poiché non ci sono emozioni da rappresentare, ma ci sono diverse maschere, che sono come gusci, e che riescono talvolta a trasformare la massa palpitante del corpo, facendone una cosa bidimensionale, e dando l’idea che la presenza umana sia solo illusoria.

Francesca Proia
nata a Ravenna nel 1975, studia danza classica e contemporanea, poi l’hatha yoga, diplomandosi all’EFOA (Federazione Europea Arti Orientali), divenendo insegnante nel 1997. Collabora con diversi coreografi, tra i quali Monica Francia, Masaki Iwana, Silvia Rampelli. Dal 1998 fa parte della compagnia TCP Tanti Cosi Progetti, approfondendo la conoscenza del teatro di figura. Sotto la direzione di Romeo Castellucci, ha preso parte a diversi episodi della Tragedia Endogonidia (2003-2004), collaborando alla creazione delle coreografie. Dal 2000 realizza progetti personali. Buio luce buio (2004) ha ricevuto una menzione speciale al Festival Iceberg 2005 (Bologna, Biennale Napoli/Santarcangelo dei Teatri).